Uno degli atti più emblematici della sua difesa della libertà è il discorso che pronunciò alla Camera dei deputati il 30 maggio 1924, in cui denunciò i brogli elettorali e la violenza usata dal fascismo durante le elezioni politiche di quell'anno. Nel suo intervento, Matteotti non solo accusò il governo fascista di aver utilizzato mezzi illegali per mantenere il potere, ma difese anche con fermezza i principi democratici e costituzionali.
Nel suo discorso, egli disse:
"Voi sapete che cosa è accaduto nelle elezioni: la violenza, le minacce, la corruzione e la frode hanno trionfato su tutto."
Questa denuncia coraggiosa segnò una linea di non ritorno nella sua lotta per la libertà e la democrazia, ma anche la sua condanna a morte.
L'assassinio
Solo pochi giorni dopo, il 10 giugno 1924, Matteotti fu rapito e assassinato dai sicari fascisti. La sua morte segnò uno dei momenti più drammatici nella storia della lotta contro il fascismo. Nonostante ciò, il suo sacrificio divenne un simbolo potente della resistenza contro l’oppressione, e la sua figura è spesso citata come martire per la difesa della libertà in Italia.
Matteotti e la difesa della libertà
La libertà, per Matteotti, era un diritto inalienabile, non solo politico ma anche sociale ed economico. Credeva fermamente che senza la libertà di espressione, la libertà di organizzazione politica e sindacale, non potesse esserci una vera democrazia. Il suo approccio era radicato nei valori socialisti e nella convinzione che la giustizia sociale fosse imprescindibile per garantire una libertà effettiva a tutti i cittadini, specialmente ai lavoratori e alle classi più deboli.
Il suo coraggio e la sua lotta per la libertà sono stati poi ricordati e onorati nella storia italiana come un esempio di resistenza civile e politica contro l’autoritarismo.