L'opera di Matteotti si colloca in un periodo molto delicato della storia italiana. Dopo la Marcia su Roma del 1922, Benito Mussolini e il Partito Fascista avevano preso il controllo del governo italiano. Nel 1924, vennero indette elezioni politiche, ma il clima era già pesantemente influenzato da intimidazioni, violenze e brogli elettorali orchestrati dai fascisti per consolidare il loro potere.
Matteotti, in quanto leader del Partito Socialista Unitario e strenuo oppositore del fascismo, si dedicò a denunciare pubblicamente le illegalità e la violenza perpetrata dal regime fascista. Il suo discorso in Parlamento il 30 maggio 1924, pochi giorni prima del suo omicidio, in cui denunciò apertamente le irregolarità nelle elezioni del 1924, è uno degli atti più simbolici della sua opposizione al regime.
Uno dei temi centrali del libro è la denuncia delle violenze fisiche e psicologiche utilizzate dai fascisti per intimidire gli avversari politici e la popolazione. Matteotti documenta le aggressioni, le percosse e gli omicidi perpetrati dalle squadre fasciste, evidenziando come il regime si fondasse sulla coercizione e sulla soppressione delle libertà civili.
Matteotti descrive dettagliatamente le irregolarità elettorali delle elezioni politiche del 1924, evidenziando come i fascisti abbiano utilizzato la violenza, l'intimidazione e la corruzione per ottenere risultati favorevoli. L'autore accusa il governo di Mussolini di aver trasformato il processo democratico in una farsa.
Nel libro, Matteotti denuncia il modo in cui il fascismo stava smantellando sistematicamente le istituzioni democratiche italiane. Attraverso l'uso di leggi repressive, la censura della stampa e la limitazione delle libertà politiche, il regime fascista stava consolidando un potere autoritario che escludeva qualsiasi opposizione.
Matteotti critica la propaganda fascista e la sua capacità di manipolare l'opinione pubblica, creando un clima di consenso apparente attraverso la manipolazione mediatica, il controllo dell'informazione e la creazione di un nemico comune (i socialisti, i comunisti e gli altri oppositori).
Oltre alla violenza politica, Matteotti denuncia anche la corruzione del regime fascista e la cattiva gestione dell'economia. Egli sottolinea come il fascismo fosse legato agli interessi della borghesia industriale e agraria, e come molte delle politiche economiche adottate dal governo non favorissero la popolazione comune ma piuttosto i gruppi di potere che sostenevano il regime.
Nonostante il clima di oppressione, Matteotti esorta le forze democratiche e progressiste a non cedere alla paura e alla violenza. Il suo libro è un appello alla resistenza contro il regime fascista, nella speranza di preservare i valori democratici e di libertà che stavano rapidamente venendo erosi.
"Un anno di dominazione fascista" non è solo una documentazione accurata delle violenze e degli abusi fascisti, ma è anche un coraggioso atto di resistenza politica e morale. Matteotti, consapevole dei rischi personali a cui si esponeva, scelse di pubblicare il libro e di continuare la sua lotta contro il regime, dimostrando un altissimo senso di responsabilità civile.
L'assassinio di Matteotti il 10 giugno 1924 da parte di esponenti del regime fascista scatenò una forte ondata di indignazione sia in Italia che all'estero, e portò a una grave crisi politica interna. Questo omicidio segnò un punto di svolta nella storia del regime fascista, poiché molti videro in esso la conferma definitiva della natura violenta e autoritaria del fascismo.
"Un anno di dominazione fascista" è un documento storico di straordinario valore, che testimonia la lotta contro il fascismo in uno dei suoi momenti più bui. L'opera di Matteotti è considerata uno degli atti più significativi di denuncia politica nella storia italiana e riflette il coraggio di chi si oppone a un regime oppressivo a costo della propria vita.